Parole da Twitterland

lunedì 13 novembre 2017

Non rassegnamoci alla "normalità" del linguaggio borghese

Di Diego Bossi

"Normale". Un aggettivo che dice tutto e il contrario di tutto. 
Fu così che la normalità divenne il lasciapassare dell'orrido, l'edulcorante delle devianze sociali, il vezzeggiativo delle discriminazioni.

È normale dire "puttana" per insultare una donna o "figlio di puttana" per insultare un uomo;

è normale dire "non hai le palle", per indicare vigliaccheria e pavidità;

è normale, per converso, definire il coraggio di un uomo o di una donna con "quello/a c'ha sotto i coglioni", "c'ha le palle";

è normale spronare i bimbi maschi con espressioni tipo "non fare la femminuccia";

è normale definire una fregatura "inculata", "l'hai preso in culo" o, per definire colui che la fregatura la compie, "ti ha inculato", "ti ha messo a pecora";

è normale insultare le persone con termini come "mongoloide", "handicappato", "frocio", "checca", "culatone" "ebreo", "musulmano" o "negro".

Tutto normale. Sono le cose che diciamo e che sentiamo tutti i giorni, le nostre espressioni condite da sorrisi compiaciuti.
La normalità è pericolosa, perché non dà nessuno stimolo al cambiamento, né genera allarmi o stupori, anzi, induce alla rassegnazione: così è sempre stato, così sarà sempre.
Ci sono due aspetti legati al cosiddetto linguaggio comune: uno falso e universalmente ostentato, ossia la pretesa che il linguaggio racconti la società, le sue virtù, i suoi vizi e le sue debolezze, ma è una raffigurazione, appunto, falsa, che etichetta le persone sulla base di pregiudizi infondati e crudeli; l'altro aspetto, quello nascosto ma maledettamente vero e pericoloso, è che in realtà non è il linguaggio a raccontare la società, ma la società a plasmarsi sulle peggiori falsità e infamie del linguaggio. Diventiamo il nostro modo di parlare: razzisti, xenofobi, maschilisti, omofobi.

Tutti uguali, quindi? Certo che no! C'è una linea vera, concreta e oggettiva che divide il mondo in sfruttatori e sfruttati. Gli sfruttatori non subordineranno i loro interessi a logiche razziali, religiose, di genere o di orientamento sessuale; gli sfruttati farebbero bene a fare altrettanto. 
Non rassegnamoci alla "normalità" di chi ha interesse a dividerci!
Ecco, questo è un buon punto di partenza per creare un nuovo linguaggio, una nuova società, un nuovo orizzonte.