Parole da Twitterland

martedì 29 gennaio 2019

Cara Crusca, noi il cane lo scendiamo da sempre

di Diego Bossi*
La presunta apertura dell'Accademia della Crusca all'uso transitivo di alcuni verbi intransitivi ha fatto scoppiare una rivolta sui social. Per molti è crollato un riferimento imprescindibile della lingua italiana, altri hanno gridato allo scandalo, altri ancora si sono dati alle ironie più sfrenate e fantasiose. 
Più realisticamente e più correttamente, per onestà intellettuale, dobbiamo ridimensionare il caso e dire che i linguisti, in più contributi verbali e scritti sull'argomento, non hanno sdoganato i vari "scendi il cane", "entra i panni", "siedi il bambino": li hanno tutt'al più bollati come regionalismi, usati nel parlato per esigenze di sinteticità. Non sono ammessi nella lingua comune, non sono ammessi nello scritto, l'ortodossia non verrà sacrificata sull'altare della brevità: la penna rossa delle maestre (giustamente) potrà continuare a colpire indisturbata.

Ma l'onestà intellettuale finisce qui, perché non c'è solo la testa: ci sono la pancia e il cuore! Un intero mondo a parte, lontano dai banchi di scuola e dai libri, dalle regole grammaticali e ortografiche, vede in "scendi il cane", un simbolo sociale forte, con una connotazione di classe, come le scarpe: dicevano i vecchi operai della Pirelli, dove lavoro tutt'ora, che dalle scarpe si capiva l'importanza di un capo. Una generazione di operai dalle scarpe rattoppate, migrati dal meridione, che hanno connotato la società milanese, specialmente nelle grandi aree industriali della provincia. 
Da operaio del Nord con origini lombarde e venete, sono cresciuto a Sesto San Giovanni fra le famiglie operaie del meridione, a ridosso di una delle più grandi e importanti aree industriali d'Europa. La parlata, l'usanza e la tradizione del Sud mi hanno plasmato totalmente e ancora oggi costituiscono il tessuto sociale di moltissime città del Nord; ed è in questo contesto che l'uso transitivo del verbo intransitivo diventa bandiera ancor prima che errore, perché è il linguaggio che dà applicazione alla filosofia del "parla come mangi" e che si contrappone alla comunicazione dotta e astrusa della borghesia. 
Molti attivisti sindacali, senza titoli di studio, hanno imparato a scrivere facendo comunicati e volantini, cercando di migliorarsi sempre di più per coinvolgere e convincere, con le loro parole, gli operai nelle fabbriche.
La padronanza linguistica è una cosa seria, l'analfabetismo dei nostri nonni è diventato il semianalfabetismo dei nostri genitori e oggi si è trasformato in quel 70% di analfabetismo funzionale: i nostri giovani sanno scrivere e sanno leggere, ma non sanno comprendere un testo o strutturare correttamente una frase. Se non comprendi non reagisci, non comunichi, non organizzi. L'impegno di chi fa politica e sindacato è quello di far evolvere nel linguaggio la sua classe sociale. Ma alcune espressioni errate linguisticamente per la testa, sono un tratto distintivo per la pancia e il cuore. Quindi, cara Crusca, non volermene, ma - per usare un regionalismo romano - s'è fatta 'na certa, fuori è buio e sono tutti a dormire; non mi vede nessuno. Chiudo il pugno e lo alzo al cielo. E scendo il cane.

*operaio Pirelli