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domenica 20 ottobre 2024

Elogio al treno



di Diego Bossi

Il treno è vita, progresso e società. Da sempre. Per sempre.
Nessun mezzo di trasporto ha i connotati sociali, aggregativi, romantici, ecologici, paesaggistici e storici del treno. 
Il treno unisce persone e popoli, attraversa regioni e continenti, è simbolo di addii come di ricongiungimenti; il treno, serpente d'acciaio carico di umanità, taglia le pianure, si arrampica sui monti, costeggia i mari e i laghi, s'infila lento nel cuore delle città.
Potrebbe forse competere l'automobile? Certamente garantisce la mobilità in autonomia e indipendenza, ma è un mezzo  asociale, inquinante, pericoloso e, in determinate città e fasce orarie, altamente stressante: traffico, parcheggi...
Potrebbe forse competere la nave? Sì, diciamolo, è confortevole e affascinante, cosa non da poco; ma per via della sua peculiarità di viaggiare in acqua, ha un ridottissimo spettro di destinazioni.
E l'aereo? Non fosse per la velocità, non avrebbe alcuna attrattiva. È statico, le persone che ci sono al decollo, sono quelle e solo quelle fino all'atterraggio; ed è estraneo al mondo, il suo distacco da terra diviene anche distacco dalla Terra, dalla sua società, dai suoi odori, dalle sue infinite sensazioni... nulla da laggiù penetra la sua fusoliera, un tubo di metallo che all'altare della destinazione, sacrifica il viaggio!
Il treno è pregno di vita e di fauna umana, di destini che s'incrociano, si separano e si uniscono. Poco importa se sia un vecchio treno regionale o un siluro ultramoderno e veloce, vi saranno sempre una serie di denominatori comuni che in tutti i treni sono tratti identitari.
Le stazioni, per esempio; col loro odore di sassi, rotaie e olio esausto. Le stazioni sono quasi ovunque, mica come i porti e gli aeroporti, solo sulle coste o nelle grandi città.
Vi sono stazioni enormi, che ostentano tronfie le loro architetture nel centro di capitali e metropoli, dove tabelloni giganteschi orientano frenetiche folle a districarsi tra decine di binari.
Vi sono stazioni site nelle più remote e disperse province, piccoli agglomerati di case con poche anime, arroccate tra monti o isolate nel mezzo di sterminate campagne.
La stazione, ovunque sia, non sarà mai asettica e indifferente; darà sempre un tratto peculiare al contesto urbano in cui è ubicata. 
Nelle grandi città è raduno degli ultimi, senzatetto e disperati d'ogni genere.
Nei piccoli centri, invece, la stazione è al contempo punto di fuga da realtà indigene, impermeabili a ogni scambio, e punto di ritorno alle origini, al riparo da troppi scambi.
Il treno, coi suoi strambi appuntamenti che ci dà al binario, ha il merito di farci scoprire i minuti non arrotondati alla cinquina: nessuno mai si sarebbe sognato d'interessarsi delle 11.53 o delle 21.36; o ancora delle 13.01 e, perché no, delle 6.28. 
Il treno, tra i mezzi di trasporto, è il re della metafora: è il treno che perdi e non torna più; è il treno che hai preso e ti ha cambiato la vita.
Quanta storia è contenuta nei treni. Anni, lustri, decenni; intere generazioni si sono succedute sui treni, intridendo i vagoni di sogni, paure, ambizioni, ansie, gioie e disperazioni. Quei vagoni silenti di convogli dismessi, poggiati sui binari morti fra l'erba alta, coperti dai graffiti, a ornamento di piccole e grandi periferie, pregni di storia scorsa fuori dai finestrini, pregni di storie vissute all'interno dei finestrini.
Perché il treno è vita, progresso e società. Da sempre. Per sempre.