"Normale". Un aggettivo che dice tutto e il contrario di tutto.
Fu così che la normalità divenne il lasciapassare dell'orrido, l'edulcorante delle devianze sociali, il vezzeggiativo delle discriminazioni.
È normale dire "puttana" per insultare una donna o "figlio di puttana" per insultare un uomo;
è normale dire "non hai le palle", per indicare vigliaccheria e pavidità;
è normale, per converso, definire il coraggio di un uomo o di una donna con "quello/a c'ha sotto i coglioni", "c'ha le palle";
è normale spronare i bimbi maschi con espressioni tipo "non fare la femminuccia";
è normale definire una fregatura "inculata", "l'hai preso in culo" o, per definire colui che la fregatura la compie, "ti ha inculato", "ti ha messo a pecora";
è normale insultare le persone con termini come "mongoloide", "handicappato", "frocio", "checca", "culatone" "ebreo", "musulmano" o "negro".
Tutto normale. Sono le cose che diciamo e che sentiamo tutti i giorni, le nostre espressioni condite da sorrisi compiaciuti.
La normalità è pericolosa, perché non dà nessuno stimolo al cambiamento, né genera allarmi o stupori, anzi, induce alla rassegnazione: così è sempre stato, così sarà sempre.
Ci sono due aspetti legati al cosiddetto linguaggio comune: uno falso e universalmente ostentato, ossia la pretesa che il linguaggio racconti la società, le sue virtù, i suoi vizi e le sue debolezze, ma è una raffigurazione, appunto, falsa, che etichetta le persone sulla base di pregiudizi infondati e crudeli; l'altro aspetto, quello nascosto ma maledettamente vero e pericoloso, è che in realtà non è il linguaggio a raccontare la società, ma la società a plasmarsi sulle peggiori falsità e infamie del linguaggio. Diventiamo il nostro modo di parlare: razzisti, xenofobi, maschilisti, omofobi.
Tutti uguali, quindi? Certo che no! C'è una linea vera, concreta e oggettiva che divide il mondo in sfruttatori e sfruttati. Gli sfruttatori non subordineranno i loro interessi a logiche razziali, religiose, di genere o di orientamento sessuale; gli sfruttati farebbero bene a fare altrettanto.
Non rassegnamoci alla "normalità" di chi ha interesse a dividerci!
Ecco, questo è un buon punto di partenza per creare un nuovo linguaggio, una nuova società, un nuovo orizzonte.
Bellissimo il punto di vista sul linguaggio che plasma la società. Inoltre come non considerare il fatto che di norma una persona libera non lo usa; una persona libera non teme la libertà altrui anzi la rivendica; una persona non libera censura se stesso e gli altri anche attraverso le etichette.
RispondiEliminaCome non considerare poi che le parole sono di tutti ma che veniamo stimolati ad usarne più alcune a dispetto di altre tanto da finire con non usare più le espressioni che ci arrivano da dentro per descrivere le cose/situazioni, ma quelle dispensate dal sistema del pensiero collettivo che a loro volta plasmano la società è noi stessi che ne facciamo parte. Percepisco un mondo fin troppo pieno di pappagalli che ripetono parole e concetti non propri ma veicolati dal sistema che sebbene non sono né rappresentano la realtà divengono tale e rendono schiavi o sfruttati. Il disegno che c'è dietro è chiaro e funge da PNL che riceviamo e ripetiamo a danno di noi stessi... Ci vuole un grande atto di ribellione che parte da una cosa apparentemente tanto piccola come le parole che usiamo.
Grazie Diego