Di Diego Bossi* (Twitter: @dibo139)
"18.
Articolo 18!". Scandisce a mo’ di Bond il nostro eroe per presentarsi; e non
c’è da meravigliarsi: lui di imprese leggendarie ne ha compiute migliaia in
quarant’anni di onorato servizio. Osservandolo mi faccio
l’idea che sia proprio una bella persona, di quelle che a conoscerle ti arricchiscono, ti migliorano. Classe 1970, capelli brizzolati, il naso pronunciato, la barba fitta e ben curata, due grandi occhi castani e uno sguardo dolce ma determinato. Sul suo viso le rughe raccontano mille vissuti.
l’idea che sia proprio una bella persona, di quelle che a conoscerle ti arricchiscono, ti migliorano. Classe 1970, capelli brizzolati, il naso pronunciato, la barba fitta e ben curata, due grandi occhi castani e uno sguardo dolce ma determinato. Sul suo viso le rughe raccontano mille vissuti.
Quando contattai
18, per chiedergli quest’intervista, mi rassegnai all’idea che lui non potesse
accettare. Vuoi per fama, per saturazione dell’agenda o quant’altro, mi
convinsi che sarebbe stato alquanto improbabile che una star come lui, sempre
sotto i riflettori dei network nazionali, sulla bocca di opinionisti e
politici, rilasciasse un’intervista non a un gettonato reporter, non a un
direttore di quotidiano o di tiggì, ma a me: un operaio della Pirelli di
Bollate.
«Per me è un vero piacere, di più: un onore!» - mi disse
al telefono in tono solenne. Di lì mi convinsi che l’intervista che nessuno mai
aveva osato chiedere, sarebbe andata in porto. Ed eccoci qui, l’uno di fronte
all’altro.
Iniziamo dalle critiche mosse da una larga
parte di forze politiche. Si dice che tu, così come sei fatto, hai creato
lavoratori di serie A e serie B. È vero?
Verissimo!
Questa è sicuramente l’unica cosa su cui siamo pienamente d’accordo. La differenza
sta nel fatto che loro vorrebbero tutti in B e io tutti in A. Io dovrei essere
esteso a tutti i lavoratori in quanto tali.
Ma così metteresti in ginocchio le piccole
imprese, si troverebbero a non poter più licenziare, saresti di ostacolo allo
sviluppo economico del paese…
Per quanto
riguarda l’impossibilità di licenziare credo che ci sia molta disinformazione.
La gente pensa che io protegga chiunque, ma non è così! Io dico una cosa
semplice semplice: non puoi licenziare un lavoratore senza un giustificato
motivo. Mi sembra un principio di civiltà e di buon senso, no?
Si, certo, buon senso; ma in un rapporto di
lavoro le parti sono due. Non credi che il buon senso debba valere per
entrambe?
Posso
fartela io una domanda?
Certo che si!
Perché
nasce la legge? Qual è lo scopo?
Beh, credo perché ci sia l’esigenza di regole
comuni che disciplinino la società.
Giusto. Ma
cerca di andare più in profondità.
Le regole
comuni per tutti sono un mero aspetto pratico. Chiediti qual è il senso più
alto della legge.
Mi metti in difficoltà, non saprei.
Se la legge
non esistesse, esisterebbe la legge del più forte.
Questo è il
vero significato! La legge serve per riparare i più deboli dal potere; e le
lavoratrici e i lavoratori lo sono sempre, di fronte al padrone.
Se una
legge lascia deboli e forti a combattere sullo stesso ring, tradisce la sua
essenza, la sua funzione di equilibratrice delle forze sociali.
Rimane la questione sviluppo economico: non
credi di essere un freno alla ripresa?
No. Quelle
sono responsabilità che non mi appartengono. Questo paese, dal secondo
dopoguerra ad oggi, ha passato periodi anche importanti di crescita economica;
ed io ero in vigore.
Corruzione,
speculazione finanziaria, burocrazia lenta, pressione fiscale tra le più alte
in Europa, giustizia civile e amministrativa al limite della paralisi… Di
questo dobbiamo parlare! Ma è meglio andare a raccontare che il freno alla
ripresa sono io, che per favorire l’occupazione bisogna permettere i
licenziamenti selvaggi.
Perché fare una battaglia ideologica su di te?
Si dice che ad oggi sei applicato a una minoranza esigua di lavoratori?
Ma come,
non ero io a bloccare la crescita?! E come, con una manciata di lavoratori?!
Basterebbe
leggere i giornali per rendersi conto delle contraddizioni in cui cadono per
omettere la verità.
Intanto, dati alla mano, non è che siano così
tante le volte che sei andato realmente in aula a vincere…
Per forza!
Le mie battaglie sono quasi tutte fuori dai tribunali. La mia arma è la
deterrenza, induco i padroni a pensarci bene.
Va più o
meno così: Sei sicuro di licenziarlo senza un buon motivo? Guarda che i
processi costano e sono lunghi, e io sono molto in gamba: rischi seriamente di
perdere.
A quel
punto la maggior parte rinuncia.
Senti, è un po’ che te lo voglio chiedere, ma
chi sono quelle persone che ti porti sempre appresso? Sono sempre con te, non
ti ho mai visto da solo. Anche ora, mentre parliamo, se ne stanno lì in
disparte ad aspettarti.
Loro sono i
miei amici inseparabili: gli articoli della Costituzione. Vengono con me
ovunque, senza di me non potrebbero nemmeno entrare nei luoghi di lavoro.
Suvvia… 18! Ora mi pare che pecchi un po’ di
superbia!
Lo sanno tutti che la Costituzione è più alta
in grado di una legge normale; come quella dove abiti tu. Gli articoli della
Costituzione possono entrare dove vogliono e senza il bisogno di nessuno. A
loro spalancano le porte ovunque si rechino.
Le cose non
stanno proprio in questi termini, caro Diego.
La
Costituzione non è altro che un pezzo di carta con dei segni d’inchiostro
sopra, come lo sono io, del resto. Noi prendiamo vita e forma quando il popolo
fruisce, vive, rispetta, pretende e difende i diritti che noi enunciamo.
Altrimenti rimaniamo lettera morta, buoni solo a riempire gli scaffali
impolverati delle librerie.
Le
lavoratrici e i lavoratori possono far vivere la Costituzione nelle fabbriche,
negli uffici, nei cantieri e in tutti i luoghi dove lavorano, solo se sono
liberi dal ricatto del licenziamento. Quando il prezzo della rivendicazione di
un diritto è la perdita del posto di lavoro, in molti rinunciano. Ed per questo
che se non ci sarò io a difendere la classe lavoratrice dall’ingiusto licenziamento,
obbligando i giudici a reintegrare coloro che ne sono oggetto, anche i diritti
costituzionali verranno meno. La gente per paura di rimanere in mezzo alla
strada, magari con una famiglia a carico, accetterà ogni sopruso. Il lavoratore
diventerà schiavo.
Parli così perché sei comunista.
Comunista
io?! Ma se mi ha scritto un socialista e sono stato approvato coi voti della DC,
mentre i comunisti si astenevano…
Quindi i comunisti non ti volevano?
Mi volevano
più forte, direi. A me non è dato sapere se allora si astennero per propaganda
elettorale o per denunciare delle lacune in me e nella legge che mi contiene
(legge 300/1970 Statuto dei lavoratori ndr), ma è necessario contestualizzare
il periodo: i militanti sindacali più attivi rischiavano il licenziamento, La
Fiat schedava gli operai che rivendicavano i loro diritti e li mandava a casa.
Alla Camera
il PCI denuncio la mia incompletezza nell’abbandonare i lavoratori delle
aziende con meno di quindici dipendenti. E su questo, non posso fare altro che
dargli ragione.
Ho saputo che due anni fa hai subito un duro
attacco. Puoi raccontarci com’è andata?
Mi fa molto
male ricordare. Quella sera stavo tornando a casa e ad un tratto mi
accerchiarono. Dissero di chiamarsi la gang dei tecnici.
Per fartela
breve iniziarono a pestarmi a sangue, io cercai di difendermi, ma ero solo; e
loro ebbero la meglio. Quando mi risvegliai mi accorsi di aver perso il mio
potere di reintegro sul posto di lavoro. Mi rimase solo la possibilità di
mendicare quattro spiccioli a titolo risarcitorio.
Come puoi
ben comprendere oggi chiunque può avviare un licenziamento disciplinare sapendo
che potrà cavarsela tutta’al più con sei mensilità di risarcimento.
Quindi ad oggi il reintegro non esiste già più?
Formalmente
esiste, solo che prima obbligavo il giudice ad applicarlo, ora mi affido alla
sua discrezione. Certo, ci sono casi dove parliamo ancora di reintegro: la
manifesta insussistenza dell’accusa o dei fatti addebitati al lavoratore, i
licenziamenti discriminatori, compresi quelli per attivismo sindacale, rendono
nullo il licenziamento.
Non la farei così tragica, allora. Se non
possono licenziare i “dissidenti” per attivismo sindacale o per aver aderito a
sindacati particolarmente combattivi, di che ti preoccupi?
Nessuno
licenzia formalmente una lavoratrice perché è in cinta, un lavoratore perché
denuncia dei diritti violati o perché organizza uno sciopero. Quelli sono
motivi occulti, che non appariranno mai.
Succede che
ti licenziano per motivi tecnicamente legittimi, ma in realtà dietro a questi
motivi si celano asti personali, diversità politiche, esigenze di reprimere il
dissenso e le sue conseguenze.
Mentre
prima un padrone doveva essere più che sicuro di quello che faceva, doveva
avere quadro probatorio inconfutabile, un impianto accusatorio stabile,
altrimenti avrebbe pagato il fallito tentativo di licenziamento con un
reintegro certo, ora ha la possibilità di tentare e alla meno peggio pagare
l’indennizzo.
18, prima parlandomi dell’aggressione che hai
subito nel 2012, mi hai detto una cosa che mi ha colpito: “…io cercai di difendermi, ma ero solo…”, vorrai scusarmi se ho
difficoltà a crederti, ma l’immagine del milione di persone al Circo Massimo
per difenderti non è facile da scordare; e ora vuoi farmi credere che dieci
anni dopo eri solo?
Ti piaccia
o meno, è così! Questo e ciò che succede quando il potere non nasce dal basso,
non è costantemente controllato dalla base che lo esprime, quando la delega in
bianco sostituisce la partecipazione attiva si finisce con lo storpiare il
processo democratico, trasformandolo in oligarchia: il partito diventa
autòfago, si nutre dello stesso potere che emana, il sindacato diventa
strumento del partito, perde la propria autonomia; la classe lavoratrice viene
abilmente guidata nei sentieri funzionali alla struttura, diventando il mezzo e
non il fine.
Succede
così che nel 2002 il potere è in mano ai “cattivi” per definizione, allora i
“buoni” scaldano l’imponente macchina della protesta: “Vade retro, demone fascista! O farai i conti con l’ira proletaria!”
Dieci anni dopo il potere lo gestiscono i buoni e i cattivi uniti in
matrimonio, allora gli intenti “fascisti” diventano misure necessarie a salvare
la Patria dalla crisi economica: “Tutti
calmi, per carità! Non disturbare il conducente!”
Diego,
quella sera, quando mi hanno aggredito, a parte i soliti combattenti di sempre,
io ero solo, vergognosamente solo. Il Circo Massimo era un grande spiazzo vuoto
dentro Roma.
Ora il governo sta preparando l’offensiva
finale: vuole eliminarti. Hai paura?
Paura
dovreste averne voi! La mia eliminazione vi renderà tutti più vulnerabili. Io
me la caverò comunque, tornerò a oziare dormiente sullo scaffale di qualche
libreria.
Ci avviamo alla conclusione, 18. Puoi
presentarci i tuoi amici, gli articoli della Costituzione che si ritireranno
insieme a te sullo scaffale?
Certamente.
Lo vedi quell’omone alto alto là in piedi? Quello è 1, dice che la cosa più
importante di tutto e su cui si fonda il nostro sistema è il lavoro; e il tizio
a fianco a lui, quello con la tuta da operaio? Si chiama 4, lui va in giro
dicendo che tutti devono avere il diritto di lavorare.
Poi c’è 21,
io e lei siamo inseparabili. Lei ha il potere di offrire la libertà di dire o
scrivere la propria opinione.
Poi ci sono
loro: 32, 33 e 34. Loro sono per una sanità e un’istruzione pubbliche e
d’eccellenza, dove chiunque possa curarsi e istruirsi, indipendentemente dalla
propria ricchezza.
Vedi quei
due là invece? Sono 36 e 37, dicono che lavoratrici e lavoratori devono avere
la stessa retribuzione e che questa deve essere sufficiente a garantire
un’esistenza libera e dignitosa.
Beh dai…
non voglio annoiarti, sono tanti. Qualche sera usciamo tutti insieme per una
birra, così avrai modo di conoscerli bene.
Mi mette molta tristezza pensare che tutti loro
se ne verranno via con te.
Anche a me.
Posso chiederti se hai per caso letto le altre
interviste sul nostro blog?
Certo che
le ho lette! Sono molto belle e interessanti.
Quindi saprai bene qual è la conclusione che
chiediamo sempre?
Si: il
messaggio libero e aperto. Devo confessarti che io non sono tipo da discorsi
dal pulpito, quella è roba per voi militanti.
Ad ogni
modo vorrei chiudere con una bella frase che mi ha molto colpito, mi pare che
sia di Martin Luther King. Più o meno fa così: Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi
trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla.
Mentre
metto via il registratore e il blocchetto degli appunti, avverto un malessere
strano, una sensazione subdola. Lì per lì non riesco a capire cosa mi turbi, ma
poi mi infilo lo zaino e guardo 18 per salutarlo, in quel momento capisco da
dove arrivi questa emozione forte. Mi avvicino verso di lui e faccio una cosa
che non ho mai fatto con nessun intervistato: lo abbraccio. Lui ricambia
stringendomi forte.
A quel
punto gli sussurro all’orecchio: «non lo
diventerò!», lui stupito mi chiede: «non
lo diventerai cosa?», io allento l’abbraccio e lo guardo diritto negli
occhi, gli sorrido e gli dico: «Responsabile della situazione in cui ci
troviamo. Farò di tutto per cambiarla».
Lui mi
stringe forte le spalle fra le sue mani; e mi sorride.
Quel
sorriso lo avrò davanti agli occhi ogniqualvolta lotterò per i diritti e la
dignità dei più deboli.
*Operaio
Pirelli di Bollate, Militante CUB
Twitter: @dibo139
Nessun commento:
Posta un commento